martedì 25 marzo 2014

#iocimettolafaccia: FRANCESCA PARDI

La serie di interviste di #iocimettolafaccia vuole immortalare i volti, le storie e le parole di chi crede nel potere della visibilità. Ma a volte si tratta anche di voci.
Sì, perché Francesca Pardi siamo riuscite ad intercettarla telefonicamente in un giorno di pioggia mentre era sula metropolitana.
Una lunga chiacchierata tra qualche interferenza e treni assordanti, nella quale però non si ci si è lasciato sfuggire nulla: figli, libri, progetti di vita …


Tra un sospiro e l’altro di una lunga camminata, Francesca comincia a raccontarci di essersi fidanzata con Maria vent'anni fa e il loro progetto di vita insieme ha preso forma piano piano sempre di più. «Nel 2002 è nata Margherita; nel 2006 i gemelli, Giorgio e Raffaele, e nel 2009 Antonio». E finalmente coronato il loro sogno d’amore il 12 aprile 2013 con il meraviglioso matrimonio a Barcellona.
Nel 2011 nasce Lo Stampatello, casa editrice nata per colmare un vuoto nell'editoria infantile, quello rappresentato dalle famiglie in cui i genitori sono due donne o due uomini che si amano. Nel 2012 viene pubblicato “Piccolo Uovo”. Francesca è anche tra le fondatrici di Famiglie Arcobaleno: «L'associazione nata ufficialmente nel 2005, ma era ormai dal 2003 che ci muovevamo e ci pensavamo»

Francesca racconta di non aver mai vissuto un’adolescenza difficile: «Non ho avuto nessun problema particolare. Mi sono innamorata per la prima volta di una ragazza a sedici anni: il mio primo grande amore ricambiato. Ho vissuto un unico brutto episodio di omofobia molto esplicita, quella che racconta nel libro “Le Cose Cambiano”, quando ci hanno buttato fuori da un bar. ma io sono una persona che ama condividere, anche il proprio amore, quindi non posso immaginare di non vivere l’amore anche socialmente».

Il suo coming out più importante è stato quello con i suoi genitori, quando aveva diciannove anni. «Erano persona culturalmente preparate all'omosessualità – racconta Francesca – ma avercela in casa è molto diverso. Non era un problema avere una figlia lesbica, ma essere genitori di una figlia lesbica: dopo essere andata a vivere fuori casa, dopo qualche tempo, siamo riusciti a colmare la distanza che ci separava. Anche i miei genitori hanno dovuto fare il loro percorso per accettare la cosa».

Il motivo che spinge Francesca, e anche Maria, a metterci la faccia è quello scritto nella foto che ci hanno mandato a dicembre per la raccolta fotografica di #iocimettolafaccia: “Non abbiamo (mai avuto) niente da nascondere”. «È importantissimo condividere l’amore con gli altri: una relazione non è solo un fatto intimo, ma anche sociale. Non abbiamo niente di cui vergognarci, ma anzi abbiamo molto da condividere».

Uno degli episodi di cui la coppia va più fiera è stata la partecipazione al programma di RaiTre “I dieci comandamenti”, condotta da Domenico Iannaccone. Francesca e Maria sono state una delle coppie protagoniste della puntata “Onora il padre e la madre”: “Una famiglia dove ci sono due mamme, Maria Silvia e Francesca, quattro bambini - Margherita, Giorgio, Raffaele e Antonio - ma nessun papà – si legge dal sito del programma - Una famiglia come le altre, che vive come le altre, ma che nel nostro paese ha meno diritti delle altre […] Persone, unite dalla consapevolezza che una famiglia nasca dall'amore, dalla responsabilità e dal rispetto, molto più che da esclusivi legami biologici”. «Durante la puntata hanno ripreso una giornata normalissima con i bambini, ci hanno intervistate e alla fine hanno girato anche uno stralcio al matrimonio: un’operazione efficace in sola mezz'ora. Non c’è nessun modo per distruggere un pregiudizio, se non il farsi conoscere».
E Meladailabrianza non può che essere d’accordo (#iocimettolafaccia eh).

Quel che Francesca augura a chi ci legge è tanto breve quanto efficace.
«Non lasciatevi cancellare, c’è un mondo dentro di voi da condividere con gli altri».

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sabato 22 marzo 2014

LA PRIMAVERA HA DA PUZZA'

Al bancone.
"Ma Lanzani, lo senti quanto puzza la primavera?"
"Minchia, Burgio, sì!"

Docce fredde, oggi, sono d'obbligo.
Un po' per colpa di quelle tre ballerine che hanno scatenato il delirio.
Alessandra, Irene, Martina: grazie.
Un po' per colpa di quelle due dj che hanno fatto ballare fino a che l'acido lattico non è salito agli occhi.
Un po' è stato anche colpa delle due stangone su tacchi altissimi.
Maya Luna, Elizabeth: grazie.
La propria parte di responsabilità ce l'hanno anche quei due obiettivi ambulanti che hanno immortalato le parti migliori e peggiori della serata.
Manu, Marco: grazie.
Non manca certo all'appello il visual set che ha reso l'atmosfera speciale.
Gp: grazie.

Ma come sempre, soprattutto, grazie a voi.

La primavera ha da puzzà. 
E così è stato.


STAY TUNED

giovedì 20 marzo 2014

#iocimettolafaccia: MARINELLA ZETTI

Questo è l'incontro con una donna, che ne ha viste tante.
Una donna da cui imparare e che ha da insegnare molto. E a molti.
E che si ispira a Martin Luther King ...


Cominciamo con le presentazioni. 
Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?

Mi chiamo Marinella, avrò 62 anni il prossimo 5 aprile, sono una donna felicemente “coniugata” da quasi 16 anni con Flaminia. E fin qui è semplice, più complesso è rispondere alla terza domanda: cosa fai nella vita.  Molto sinteticamente cerco di sopravvivere, come penso molte altre persone in questo periodo. In realtà sono giornalista free-lance e faccio mille cose in ambito comunicazione, alcune per vivere o per sopravvivere, altre in totale volontariato. Ad esempio nel  2010 con Flaminia abbiamo dato vita a PianetaQueer, testata online rivolta principalmente alla comunità Lgbtqi, ma a vocazione Etero-Friendly con l’orgoglioso obiettivo di dar vita a un luogo di scambio, tra notizie e opinioni, tra fatti che accadono e proposte di soluzioni. E dal 2003 editiamo LeggereOnlineNews, un portale/rivista online che vuole  dare un contributo alla diffusione di cultura proponendo interviste, recensioni e news, e in questo modo cercando di presentare opinioni “fuori dal coro” ovvero raccogliere e riproporre al pubblico del Web le idee e i pareri delle persone comuni, dando a chiunque la libertà di parlare dei libri che ha amato.

Ora, per conoscersi meglio. Dove sei nata e cresciuta? Come ‘è stata la tua adolescenza?
Sono nata e cresciuta a Milano con la nebbia e le suggestioni del Naviglio Grande. La mia adolescenza è stata all’insegna della “ribellione”. Non mi sono mai adeguata alle mode del momento e/o  al pensiero uniformato, ho sempre cercato di capire e poi di sperimentare in prima persona le cose che accadono, i fatti come le idee. Ho avuto la fortuna di avere alle elementari un’insegnante “illuminata” che ci ha educati a studiare in gruppo,  che ci parlava della “diversità” come di una ricchezza e ci spronava  a superare il pregiudizio per vedere e andare oltre la superficie e la prevenzione. Così, io non ho fatto altro che mettere in pratica i suoi insegnamenti quando, ad esempio, ho deciso di lasciare l’oratorio: mi ero accorta dell’ipocrisia che dominava ogni azione ed evento in quel luogo, e la gestione che ne faceva il clero, una gestione a dir poco strumentale; inoltre, nonostante mi impegnassi, da una parte non riuscivo a trovare dentro me la “fede” e dall'altra non riscontravo nei fatti quello che era dichiaravano a parole durante le prediche domenicali o i ritiri spirituali.
Il mio animo “ribelle” rifiutava tutti i fondamentalismi sia religiosi che politici. Per questo non riuscivo ad avvicinarmi a partiti o a movimenti che avevano nel loro DNA un’ideologia di evidente derivazione autoritaria, quelle forme politiche che poi sfociano nelle dittature, di destra o di sinistra. Per me, anche se ero solo un’adolescente, c’era una cosa preziosa e alla quale non potevo assolutamente rinunciare:  la libertà di pensiero; così mi avvicinai a un gruppo di anarchici “nonviolenti” (quelli che scrissero sui muri delle nostre università  “La fantasia al potere”)  e con loro iniziai le mie battaglie per i diritti civili: di quel periodo ricordo le lunghe e articolate discussioni e le gran botte che prendevo dalla polizia quando facevamo i sit-in con i simboli della pace. E poi ci fu l’incontro con Giuseppe Pinelli, sua moglie Licia e Pietro Valpreda… e sì io facevo parte proprio del Gruppo Scaldasole, quello che all'inizio fu accusato delle bombe a Piazza Fontana. E se non finii arrestata o fermata, come tutte le persone che ne facevano parte, fu solo per un caso: da qualche mese ero in Francia, studiavo a Parigi, alla Sorbona. E da allora non ho mai smesso di battermi per i diritti della persona, senza categorie o sperequazioni.E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
Anche adesso che sono “grande” continuo ad essere una “ribelle” e continuo quindi a indignarmi per tutte le ingiustizie che vengono commesse ai danni dei più deboli. La vita è bella nonostante alcune persone facciano di tutto per renderla difficile e disperante. Lavoro a parte, nella mia vita c’è molto spazio per la lettura, per la musica, per i film … e per l’amore. Ho scoperto solo in età adulta quanto è stimolante e arricchente condividere tutto con la persona che si ama. Io lo faccio da circa 16 anni e continuerò fino alla fine. Vorrei anche sposare Flaminia ma questo in Italia non mi è possibile. Non ho intenzione di emigrare, quindi attenderò con pazienza che in un guizzo di civiltà anche il nostro Paese si adegui alle leggi europee.Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante?Nella mia vita non ci sono stati i classici coming out.  Non ho mai fatto proclami ma ho sempre vissuto in modo palese le mie storie, ho sempre risposto alle domande e non mi sono mai vergognata di dichiarare le mie scelte sessuali. Il mio motto è sempre stato: se ti do fastidio, è un tuo problema e di certo non è mio. Agli amici non ho avuto bisogno di dire nulla, lo hanno sempre saputo, proprio perché vivevo liberamente la mia affettività/sessualità,  senza nascondermi. Anche con i miei genitori non ho mai fatto il classico coming out, ma, al tempo stesso non mi sono mai nascosta. E poi ero in prima linea nel Partito Radicale nelle battaglie per i diritti civili… diciamo che il coming out è stato sul campo. Nel nostro gruppo c’erano etero, gay, lesbiche, bisessualli…. Insomma persone che si confrontavano in quanto tali sulle varie tematiche che devono essere affrontate in una società civile.Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
Lo faccio da quando ero adolescente, in ogni battaglia che ho combattuto per i diritti ci ho messo la faccia. Anche quando facevo volontariato in ambito Aids ci mettevo la faccia. Molte persone hanno anche pensato che io fossi sieropositiva, semplicemente perché partecipavo a dibattiti per spiegare cosa significava la discriminazione e come la si poteva superare. Per me “metterci la faccia” significa esporsi in prima persona affinché un diritto non venga calpestato o affinché venga riconosciuto. E non importa se sei omosessuale, vecchio, etero, transgender, carcerato, migrante o … donna abusata da chi dice di amarti. “Metterci la faccia” significa essere al fianco di tutte quelle persone perché se calpesti il loro diritto tu calpesti anche me.Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”.Ci sono tanti episodi in cui “ci ho messo la faccia” sia nelle battaglie in ambito Lgbtqi che in altre situazioni. Non starò a raccontarvi di tutte le volte che ho sentito lo sguardo colmo di odio o di giudizio negativo quando camminavo mano nella mano con la mia compagna o di quando, a un banchetto di informazione contro l’omofobia o per i diritti delle persone Lgbtqi,  arrivavano i soliti fondamentalisti con l’intenzione di buttare per aria tutto e magari dare anche una ripassata ai “tavolinari”… E spesso passavano ai fatti! Ma l’episodio che ricordo per la rabbia incontenibile che mi generò è stato al Carcere di San Vittore di Milano. In quegli anni facevo gruppi di auto-aiuto con i detenuti e le persone transessuali per cercare di tamponare la forte discriminazione a cui venivano sottoposte le persone sieropositive. Ogni mese si teneva una riunione alla quale partecipavano i volontari, alcuni rappresentati di detenute/i e il personale che operava all’interno della casa circondariale. Nel corso della riunione, nel suo intervento uno degli psichiatri in forza al carcere di San Vittore affermò che le persone omosessuali e transessuali erano malate e quindi come tali andavano trattate. Ecco io mi alzai e ci “misi la faccia” rispondendo che come persona lesbica non mi ritenevo malata e che mi meravigliavo che tale affermazioni venissero da uno psichiatra che sarebbe dovuto intervenire per facilitare la vita di “tali persone”, invece, di  peggiorare la loro situazione. Il mio intervento provocò un silenzio tombale, io continuavo a restare in piedi e fissavo lo psichiatra, alla fine questi si scusò dicendo che si era “espresso male”.Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge …Il mio augurio è forse un po’ scontato, ma auguro alle persone che ci leggono di non incontrare mai ignoranti e fondamentalisti, esseri che agiscono solo in base ai loro ai pregiudizi, e che proprio per questo neppure ragionano più. Nel caso capitasse loro di incontrarli, però,  io li incito a non abbassare lo sguardo, a non demordere né a rinunciare a se stessi e ai propri principi, al contrario io li esorto di fissarli dritto negli occhi. Il mio sogno è che un giorno non ci sia più bisogno di fare campagne di sensibilizzazione né di “metterci la faccia” e, come ci ha dimostrato Martin Luther King, avere un sogno è già camminare per la sua realizzazione.

martedì 18 marzo 2014

#iocimettolafaccia: ALESSANDRA NICITA

Questa è la storia di una scrittrice. Di una poetessa. Di una donna.
O forse di Arthur Rimbaud.
Questa è la storia di qualcuno che ha voglia di innamorarsi, ma non importa di chi.


Cominciamo con le presentazioni. 
Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Alessandra Nicita, ho trentacinque anni, sono scrittrice , psicoterapeuta e musicista. Se potessi rinascere, però ti direi: “Mi chiamo Arthur Rimbaud, ho ventitré anni, sono un poeta e sono la più grande ossessione di uomo chiamato Verlaine”. Resti ben chiaro il fatto che la fantasia è cibo quotidiano ai miei pensieri.

Ora, per conoscersi meglio. 
Dove sei nata e cresciuta? Com'è stata la tua adolescenza?
Sono nata a Nardò, un paese in provincia di Lecce, il 5 febbraio del 1979. Sono cresciuta li, scalpitando fino all'età di diciotto anni, nonostante viaggiassi spesso e con regolare frequenza. Tuttavia ancora mi capita di credere che nessun posto sia casa mia. La mia adolescenza è stata inquieta, tormentata , bellissima, delicata come un fiore, impetuosa e prepotente come la bellezza acerba del gambo di una rosa. Erano anni in cui non c'era distanza fra il dolore e la bellezza, erano anni in cui ogni storia , ogni attimo diventava per me meraviglia. Vorrei riuscire a guardare oggi le cose, i fatti, le persone con gli stessi occhi, ma dovrei fare cambio di cuore.

E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
Io non sono grande, è l'età che mi frega. Conduco una vita particolare che da un mese a questa parte è ancora diversa, nuova, imprevedibile. Mi divido fra il lavoro di terapeuta e di artista. Spesso mi addormento a notte fonda, viaggio molto, e sono sempre in bilico fra un pensiero giusto e uno sbagliato. Adesso posso dire di aver preso a vivere come non ho vissuto mai, adesso che so dimenticare, adesso che sono padrona del mio regno.

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
C'è' una frase della Yourcenar a cui sono particolarmente legata: “La maschera a lungo andare diventa volto”. Fingere di essere chi non siamo è una delle offese più grandi che possiamo fare a noi stessi. È la verità che da speranza, e la verità è un esercizio utile per insegnare all'uomo che la paura e la finzione sono trappole inventate dagli esseri umani affinché questi ne diventi schiavo. Io ci metto la faccia, ma anche le mani, il cuore e il corpo se questo servisse a cambiare le cose, e se ancora questo servisse a rendere tutti felici, ci metterei anche il culo.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Quando ho deciso di pubblicare “Arrivò l'amore e non fu colpa mia”, un libro di poesie che racconta di un amore fra donne. Quando ero più giovane non mi sarei mai sognata di scrivere un libro a tematica omosessuale femminile perché ho sempre pensato che l'amore fosse amore a prescindere, da grande invece ho dovuto, a fatica, capire che gli uomini hanno avuto l'esigenza di definire con un aggettivo un sentimento che di aggettivi non ne ha bisogno.

Ma soprattutto: perché tu hai scelto di metterci la faccia?
Ci metto la faccia per dire che la sola cosa di cui ho bisogno è di innamorarmi, non mi importa di chi se questo fa di me una persona felice. Vorrei però che questo fosse il pensiero di tutti.

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge …
Vergognatevi pure di essere ladri, ignoranti, insensibili o bugiardi, ma non lasciate nella vostra anima il brusio di un'ombra che vi insegue pregandovi affinché possiate dire al mondo la verità su chi voi siete.
Perché quello che siete è giusto.
Perché quello che siamo è innocente.
Parole come lesbica o gay non dovrebbero produrre più alcuno scandalo, poiché l'inverno può essere lungo se non si attende l'estate.

sabato 15 marzo 2014

LA PRIMAVERA PUZZA DI TOWANDA


E alla fine è arrivata. Questa primavera.
E con lei, tutto quello che ne segue: l'ormonella, i colori, i fiori, il sole, l'aria tiepida, i lucidalabbra, le scarpe di tela, il sudore, l'allergia, gli starnuti, le magliette scollate, i ghiaccioli, le api, l'erba, le coperte sul prato, le sigarette al sole. 
E chi più ne ha più ne metta.

E poi si sa la primavera si porta dietro la sua puzza. Come detto sopra.
E non si può che festeggiarla.

Meladailabrianza presenta TOWANDA - C'è puzza di primavera.
Presso l'Arci Acropolis di Vimercate si scatenerà tutta la primavera possibile.
Nel bene e nel male.
In consolle, due fiori sbocciati: Frenzy dj e Terri Birardi dj.
Al visual set, il nostro moscone preferito: vj GP.
Alle fotografie, due mosche dai mille occhi: Manuli8Marco Deepboy Leone.
All'intrattenimento fisico e mentale, la nostra ape regina: Maya Luna.

Al sudore, ci penserà invece il twerking show. Serve allenamento.

Poche storie, Miley Cirus insegna: "It’s our party we can do what we want. It’s our party we can say what we want. It’s our party we can love who we want. We can kiss who we want. We can live how we want. We can live how we want."


venerdì 14 marzo 2014

#iocimettolafaccia: LUDOVICA DELLA BOSCA

Eccola qui, una ragazza normalissima. Come ce ne potrebbero essere tante. 
Ma in realtà unica nel suo genere.
Dietro i suoi timidi occhiali e il sorriso dolce si nasconde una leonessa che il 26 novembre 2013 pubblica dal suo profilo di Facebook un lungo post in cui "mettevo le cose in chiaro con tutti i miei contatti, dagli amici di una vita che sanno la mia storia a memoria alle persone che ho incontrato un paio di volte per strada e non so neanche che faccia abbiano".
Centoventidue like le fanno capire che quel semplice click, che poteva sembrare solo una goccia nel mare, in realtà ha aperto gli argini del fiume della sua vita.


Cominciamo con le presentazioni. Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Ludovica, ho 22 anni e abito con i miei genitori e il mio cane a Lissone, una ''ridente'' cittadina della Brianza. Nella vita studio Lettere Moderne all'università di Milano, lavoro scrivendo per un giornale locale abbastanza noto e occupo le mie giornate distruggendo e costruendo progetti  con la mia fidanzata, con cui sto da tre anni e mezzo.

Ora, per conoscersi meglio. 
Dove sei nata e cresciuta? Come ‘è stata la tua adolescenza?
Sono nata, cresciuta e vissuta a Lissone. Nonostante la mia città non brilli per apertura mentale, non posso lamentarmi della mia adolescenza perchè ''socialmente'' è stata abbastanza tranquilla e serena. Il mio unico e vero problema sono sempre stata io. Ho scavato per anni e anni dentro  per riuscire a trovare una buona consapevolezza di me, con tutta la fatica e la paura che questo comporta. E ora che mi guardo indietro e penso a com'ero anche solo qualche anno fa, mi viene da sorridere. E ovviamente non posso fare altro che pensare che all'epoca non mi sarebbe per nulla dispiaciuto avere a disposizione per l'ossessiva ricerca della mia identità un aiuto come quello che ora i giovani possano trovare in <Meladailabrianza>, nel progetto di <Le cose cambiano> o nelle semplice e forse sottovalutate testimonianze che ognuno di noi può dare.

E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
A parte che grande del tutto ancora non mi sento, la mia vita ora mi sembra bellissima. Mi sembra di essere sul punto di buttarmi da un aereo con il paracadute, di avere davanti a me una finestra spalancata sull'oceano. Ho impiegato 22 anni a trovare una mia sottospecie di equilibrio e ora mi sembra finalmente di avere tra le mani tutte le possibilità del mondo e la voglia di vivere ognuna di queste senza perdermi neanche un piccolo frammento di quello che verrà. E non ho bisogno di fare qualcosa per riempire la mia vita perchè è già super piena così com'è. E a regalarmi tutte queste sensazioni fantastiche penso sia la consapevolezza di essermi accettata davvero e di cercare tutti i giorni di diventare la persona che voglio essere, con tutti i difetti e le debolezze annesse.

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?

Con l'espressione ''metterci la faccia'' intendo non nascondersi dietro a un nickname su internet o a un segreto tra vecchie amiche. Con ''metterci la faccia'' intendo prendere una lunga boccata d'aria fresca e trasformarla in un sorriso per far vedere a tutti quanto può essere bello essere se stessi, indipendentemente da quanto a volte può essere faticoso. E quel sorriso (o almeno, il mio) penso sia dedicato soprattutto ai giovanissimi che hanno mille dubbi e nessuna risposta, a tutti quelli che credono di poter distruggere la felicità altrui per delle loro paure e anche a quei tanti ragazzi che pensano che sia più facile far finta di niente piuttosto che lottare per quello che si è. Non è vero che ''non è necessario che tutti lo sappiano'' o che ''le persone devono imparare ad apprezzarmi indipendentemente dal mio orientamento sessuale''. Se vogliamo una società migliore e soprattutto una vita felice dobbiamo iniziare da noi stessi, dalla realtà di tutti i giorni. Senza scuse o compromessi.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Ad essere sincera devo dire che sono una novellina della filosofia del ''metterci la faccia''. Se però devo citare un episodio che per me è stato particolarmente importante, scelgo sicuramente quello della mia iniziazione in questo fantastico circolo di onestà con me stessa e con gli altri, ovvero quando a dicembre ho provato a scrivere un lungo post su facebook in cui mettevo le cose in chiaro con tutti i miei contatti, dagli amici di una vita che sanno la mia storia a memoria alle persone che ho incontrato un paio di volte per strada e non so neanche che faccia abbiano. E lo so che usare facebook per una cosa così importante può sembrare forse stupido ma un solo click mi ha regalato l'opportunità di essere sincera capillarmente con tutte (o quasi) le persone che conosco. È stato un click fantastico che, al momento e a lungo termine, ha cambiato la mia vita.

Ma soprattutto: perché tu hai scelto di metterci la faccia?
Fondamentalmente perchè ero stanca. Continuavo ad aspettare il momento in cui le cose sarebbero cambiate ma poi un bel pomeriggio ho capito che le cose non cambiano da sole. E tante sono le cose che sono cambiate da quel click e tante di sicuro quelle che ancora cambieranno ma una cosa è certa:  una volta che ci hai messo la faccia non puoi più tornare indietro. E non perchè hai fatto un danno irreparabile o ti sei ''rovinato'' irrimediabilmente con chi ti sta accanto, ma perchè quando capisci cosa si prova ad essere sinceri fino in fondo, fino all'ultimo centimetro di cuore, smetti di essere tu stesso la causa dei tuoi mali e ti senti libero di camminare a testa alta. Capisci che ad averti reso schiavo delle tue paure non è stato il tuo orientamento sessuale ma il tuo silenzio, che ad essere sbagliato non è il tuo essere gay ma il tuo atteggiamento nei confronti del tuo essere gay. A quel punto come si può dire ancora che ''non è necessario che tutti lo sappiano'' o che ''le persone devono imparare ad apprezzarmi indipendentemente dal mio orientamento sessuale''?

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge …
Spero che chi legge possa avere il coraggio di vivere se stesso e la sua vita per quello che è, consapevole di essere meraviglioso sotto ogni aspetto, e di trovare una persona ''giusta'' con cui poter portare avanti l' infinita lotta di tutti i giorni. Il nostro amore, come ogni tipo d'amore, è meraviglioso e non c'è veramente nulla da nascondere. Anzi! Se le persone non avessero più da sparlottare su situazioni ambigue ma solo da vedere la forza di quei sentimenti che un bel giorni ti fanno guardare allo specchio e dire <ok, sono pronto a tutto per difendere il mio amore> allora forse nessun liceale dovrà più aver paura a scoprirsi omosessuale e nessun omofobo avrà più nemmeno il coraggio di pensare ancora che un gesto o una parola possano fermare tutto questo. Non si può avere paura di essere nel giusto, e quello che ci dice il nostro cuore è sempre la cosa giusta.


mercoledì 12 marzo 2014

#iocimettolafaccia: GIULIA CAMPANELLI

C'è chi c'è stata stretta nelle domande e ha voluto raccontare se stessa alla sua maniera.
Perchè un "tornado" è difficile da descrivere a parole.
E seguire il cuore, lo è ancora di più.


Mi chiamo Giulia, ho 22 anni. 

Cosa faccio nella vita?! Bella domanda! Sono nata nella grigia città di Milano ma la mia adolescenza l’ho vissuta in un paesino in provincia di Monza. È stata la classica adolescenza “perfetta” due genitori presenti (non ancora divorziati), una sorella, un fratello, un cane, tre gatti , foto con visi sorridenti appese al muro, mancava solo una staccionata bianca per chiudere il quadretto. 

Sognavo di diventare una fotografa professionista così frequentai un istituto superiore d’arte,ma il mio sogno si frantumò in pochissimi anni, rendendomi conto che il mondo e la società fuori da quelle quattro mura scolastiche non era ancora pane per i miei denti, così lo misi in un cassetto quel sogno. 

Ma è lì che conobbi la mia coming out.
Lei, la ragazza dagli occhi color nocciola e i capelli arruffati. 

La chiamo il mio “tornado” perché è completamente l’opposto di ciò che sono io, forse è per questo che ci siamo trovate, ci siamo completate. È nato tutto come un’amicizia, lei di origine africana adottata alla nascita da una famiglia italiana, io nata e cresciuta nella classica famiglia brianzola. Un anno insieme, lei passionale con la voglia di divertirsi e poca voglia di una storia troppo seria, io timida e già persa nel profumo della sua pelle. Lei lesbica, io bisex.
Con il suo sex appeal, i suoi occhi da pantera e un sorriso ammagliante, oltretutto con una fila di ragazze che le correva dietro pensai che sarebbe stata lei a spezzarmi il cuore, ma accadde il contrario quando io conobbi un ragazzo. Ma io non volevo perdere lei e lei non voleva perdere me. Dopo qualche mese di frequentazione con il ragazzo conosciuto, gli spiegai la mia storia precedente, ma mi disse che per nessuna ragione voleva che io fossi amica di quella ragazza, appartenevo solo a lui. Di nascosto continuai a vederla finché pochi mesi dopo, per varie ragioni, la storia con il ragazzo si concluse. Ma non ci fu nessun lieto fine tra me e lei, non tornammo mai insieme ufficialmente anche se siamo rimaste tutt’ora ottime amiche.

M’incolpai molto per l’accaduto ero confusa, poi i giudizi altrui e della società, stavo scoprendo me stessa… Insomma un sacco di scuse banali ma altrettanto reali. 

Però ora che ho 22 anni, sì di esperienze e botte in testa ne dovrò avere ancora, ma seguite il vostre cuore. 
Può sembrare una frase fatta e banale, ma è la pura e semplice realtà. Non abbiate paura e timori, andate contro tutto e tutti. Fino a qualche anno fa arrossivo a dover rispondere alla domanda di qual’era il mio orientamento sessuale, ora no. Io sono bisessuale e se a te non va bene, nel mondo c’è spazio abbastanza per entrambi. 

Meladailabrianza credo sia un luogo, il luogo giusto che ti dia quella spinta per uscire allo scoperto, anzi quel calcio nel sedere che ti dice: “Non sei diverso, ma sei umano e hai il diritto e il potere di amare chi vuoi ed essere chi vuoi”. 


lunedì 10 marzo 2014

#iocimettolafaccia: FRANCO GRILLINI

Per questa volta, le presentazioni, non servirebbero.
Meladailabrianza è andata a disturbare un gran personaggio, di quelli che hanno molto da raccontare. E soprattutto da insegnare. 
Di quelli che hanno messo la faccia, "quando quasi nessuno ce la metteva".


Cominciamo con le presentazioni. 
Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita? 
Sono Franco Grillini, sto per compiere 59 anni e sono consigliere regionale in Emilia Romagna, poi sono presidente di Gaynet, un'associazione lgbt che si occupa di informazione e comunicazione. 

Ora, per conoscersi meglio. 
Dove sei nato/a e cresciuto/a? Come ‘è stata la tua adolescenza? 
Sono nato in un bellissimo posto che si chiama Monte delle Formiche in un comune al confine con Bologna. Poi con la famiglia contadina siamo emigrati a Bologna direttamente. Infanzia nei campi e alla periferia della città a scorrazzare con gli amichetti esattamente come nell'adolescenza dove però c'è la scoperta della politica nella sinistra rivoluzionaria. Prima il collettivo scolastico, poi Il Manifesto, il Pdup ecc. Studiavamo i testi marxisti che ho ancora nella mia biblioteca: il Capitale, l'Ideologia Tedesca, il Che Fare... poi col tempo ho preferito Jhon Stuart Mil con il suo "Saggio sulla libertà" perché libertario e antiproibizionista. 

E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi? 
Si dice che si nasce rivoluzionari e si muore pompieri. Io smentisco, rimango un Gianburrasca nella politica e nella vita. D'altra parte in Italia abbiamo fatto una rivoluzione sull'omosessualità, la sua accettazione sociale, la visibilità della comunità lgbt, siamo riusciti a dare rilievo politico ai diritti civili. Poi certo, dobbiamo ancora conquistare le leggi di parità ed è per questo che eravamo e siamo ancora per un cambiamento radicale. E così la vita era e rimane piena di cose da fare, soprattutto a spiegare ai giovani che abbiamo cambiato il mondo. Poi ci sono le passioni "private" come quella per le nuove tecnologie, per il cinema, per il cibo, e ahimè si vede... 

Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante? 
Quello con mia madre nel luglio dell'85 dopo una intervista sul giornale radio delle 8, il più seguito allora. Mi disse: ma come sei stato bravo, ma come hai parlato bene, ma tu che c'entri con gli omosessuali? E io un po' vilmente: mamma me ne occupo. "Se tu sei felice così - mi rispose - anche io e tuo padre siamo contenti per te".

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”? 
Io ce l'ho messa quando quasi nessuno ce la metteva. Negli anni '80 erano pochissimi gli omosessuali visibili. Oggi l'Istat ci dice che ci sono in Italia un milione di gay e lesbiche dichiarati. Se non è stata rivoluzione questa. La visibilità per il movimento lgbt è quasi una religione civile. Senza visibilità non c'è nessun cambiamento. Metterci la faccia vuol dire prima di tutto essere fieri di ciò che si è. Poi significa darsi molto da fare per cambiare le cose in meglio, soprattutto nel proprio microcosmo, nella propria famiglia, tra i propri amici. Se tutti i gay e le lesbiche italiane nello stesso giorno lo dicessero a tutti, avremmo cambiato per sempre l'Italia e cancellato di colpo la follia omofoba. Forse è un sogno, ma i sogni aiutano a vivere e alimentano la nostra idea di libertà.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Sono molto affezionato alla prima trasmissione televisiva in diretta su rai2 con Gianfranco Funari. Era un talk e si chiamava "A boccaperta", era il maggio del 1986 e per la prima volta si parlava di omosessualità in modo positivo in televisione. 

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge … 
Se è una lesbica o un gay direi prima lo dici e meglio è, prima ci metti la faccia e prima ti liberi di mille prigioni. Se è un eterosessuale che ci legge gli direi mettici la faccia anche tu, perchè siamo tutti omosessuali, come negli anni '70 dicevamo che siamo tutti ebrei tedeschi. La libertà delle minoranze è parte integrante della tua libertà. Anche le maggioranze sono meno libere se anche un solo cittadino deve nascondersi, deve avere una doppia vita, deve negare la propria identità e la propria speranza di felicità.


giovedì 6 marzo 2014

#iocimettolafaccia: SILVIA FRAU


La seconda storia di #iocimettolafaccia. 

Già la seconda.
Solo la seconda.


Cominciamo con le presentazioni. Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Silvia e ho 26 anni. Convivo da due anni e mezzo con la mia fidanzata Stefania a Milano, ma da pochi giorni ci siamo trasferite momentaneamente a Napoli per il suo lavoro, portando con noi anche i nostri due cani e una new entry felina. Negli ultimi anni mi sono occupata di animazione e di organizzazione di eventi prevalentemente lgbt, sia a Milano che in tutto il Nord Italia, ed oggi che l'ho seguita per amore, mi dedico ai quattro esami che mi mancano per la Laurea in Interpretariato e Traduzione.

Ora, per conoscersi meglio.
Dove sei nata e cresciuta? 
Com'è stata la tua adolescenza?
Sono nata a Cagliari da padre sardo e madre veneta e, quando avevo otto anni, la mia famiglia si è spostata in provincia di Treviso. Di solito racconto che la mia vita può dividersi quasi nettamente in tre parti: la Sardegna, il Veneto e poi Milano, dove sono approdata subito dopo il diploma. A Treviso non mi sono mai trovata troppo bene: ho avuto un'adolescenza travagliata, in cui non trovavo pace e in cui forse non mi sono mai sentita troppo compresa e accettata. Milano per me ha rappresentato la libertà, la possibilità di decidere chi essere e come vivere e la scoperta di una sicurezza in me stessa che non sapevo di avere.

E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
Oggi sono una persona completamente diversa, pacata e felice. Ho realizzato uno dei miei più grandi sogni: quello di avere una famiglia mia e di vivere circondata dai miei adorati animali. Lavorare nei locali, paradossalmente, mi ha insegnato, o forse solo ricordato, quali sono gli affetti davvero importanti e che cosa è davvero fondamentale nella vita. Le mie giornate, oggi, sono fatte di piccole attenzioni quotidiane, di manicaretti preparati per Ste, di bigliettini d'amore lasciati in giro, di film sul divano, di passeggiate al mare con i cani, di fusa della gatta e, ogni tanto, di viaggi in cui riempirsi gli occhi di bellezza.

Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante?
Tutti i coming out, nella vita di una persona omosessuale, sono ricordi che rimangono indelebili, sia per l'ansia e la paura di non essere accettati che si provano prima, sia per il sollievo e il senso di liberazione che si provano in seguito, comunque vada. Per quanto mi riguarda, però, nessun coming out è stato più importante di quello che ho fatto con me stessa. E non mi riferisco al giorno in cui ho avuto la prima storia con una ragazza, ma a quello in cui, superando lo strato di omofobia interiorizzata di cui ognuno, inconsapevolmente, è vittima, ho finalmente fatto pace con questa consapevolezza e ho avuto il coraggio di dire a me stessa: "Tu ami una donna e questo non fa di te nient'altro che una donna che sa amare".

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
"Metterci la faccia", per me, significa essere onesti tutti i giorni: con sé stessi, con la propria famiglia, anche con la signora che si incrocia sull'autobus. Essere trasparenti e, al contempo, ricordarsi che ognuna delle azioni che compiamo ha ripercussioni sugli altri e, spesso, anche sull'intera comunità lgbt, che ha bisogno di esempi puliti e positivi.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Non sono una fan dei coming out classici. Parlo della persona che mi aspetta a casa come farebbe chiunque altro e, nel tempo, ho capito che questo evita che si crei un muro di imbarazzo o che, peggio, si pensi che in qualche modo io mi senta "diversa" o debba essere trattata diversamente. Sono esattamente come gli altri e, esattamente come farebbero gli altri, a volte parlo della mia compagna dopo aver dimostrato agli altri chi sono. Così ho fatto all'università, ad esempio, o con le amiche volontarie dell'Associazione animalista di cui faccio parte. Per me "metterci la faccia" è esattamente questo.

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge…
Stefania ed io contiamo di sposarci all'estero nell'arco del prossimo anno ma, come sapete, questo matrimonio non avrà valore in Italia. Sono incalcolabili le circostanze in cui una coppia gay convivente si trova a dover gestire fraintendimenti, disagi, cavilli burocratici o non riesce ad accedere ad alcuni servizi nel nostro Paese. L'augurio è che presto si giunga a comprendere anche in Italia quanto sia stupido vietare alle coppie come la nostra la possibilità di regolarizzare la loro situazione e quanto sia urgente la questione dei diritti civili. Sono del parere che debba essere lo Stato a dare un segnale forte, che risulterebbe fondamentale anche per far cessare l'orrore dei delitti e delle violenze legati all'omofobia.


Questa di Silvia è  la seconda storia arrivata per #iocimettolafaccia.
Continuate a scriverci all'indirizzo meladailabrianza@gmail.com. 

Perchè queste sono le facce di chi vuole cambiare il mondo.


lunedì 3 marzo 2014

"MA SPARATI, LESBICA DI MERDA" [cit]

"In Brianza, il lavoro da fare, è ancora tanto".
Il giorno in cui debutta la serie di interviste di #iocimettolafaccia, il giorno in cui Meladailabrianza lancia l'ennesimo segnale che si può e si deve cambiare, il giorno in cui le parole di Gabardini dovevano far riflettere sul mondo d'oggi ("Speriamo che presto capiremo che tutta questa questione dell’omofobia è solo frutto di una follia collettiva. Voglio risvegliarmi in un mondo in cui si dirà “Ma lo sai che una volta due maschi o due femmine non potevano sposarsi fra di loro e avere dei figli?” come oggi a volte ricordiamo che “Una volta - e nemmeno tanto lontana - in questo Paese le donne non votavano”"), ecco questo giorno viene segnato purtroppo da insulti e omofobia.

La cosa non poteva che riempire di speranza, dal momento che questa Brianza è sempre così chiusa anche solo a scrivere del tema dell'omosessualità.
Poco dopo, la redazione posta l'articolo anche dalla propria pagina Facebook.
Lì in pochi minuti si scatena tutta l'ignoranza della Brianza.
La nostra Viviana, responsabile di Meladailabrianza, viene attaccata ed apostrofata con insulti e offese che hanno ben poco del dibattito formativo.

"Tu sei una troia e sarai trattata da troia".
"E nn vantarti di essere lesbica".
"Tu sei orrenda dentro.io posso essere fiero di me ..ma nn mi abbasso nemmeno a parlare con una degenerata simile..io la mia donna ce l ho".
"Vieni a casa mia e ti faccio vedere quanto sei lesbicona. E porta anche tua sorella...".
"Ma sparati lesbica di merda".
"Non c è nessuna paura..mi fate semplicemente skifo.. vivetevi i vostri sentimenti come volete senza sbandierarlo ai 4 venti come fosse una roba di cui vantarvi".
"OMOFOLLIA! Presto gli emarginati..saranno le persone normali. Perchè solo il pensare o esprimere che la Adamo ed Eva erano Uomo e Donna, o che la Famiglia Tradizionale è Uomo-Donna, comporterà il carcere!".

    
    
Queste sono solo alcune delle affermazioni lanciate contro Viviana.
Nonostante la mancanza di consonanti fondamentali e di dittonghi base per la lingua italiana, il messaggio sembra chiaro.

Ma quando si stavano per perdere le speranze e sembrava non ci sarebbe stata fine agli insulti, ecco che interviene la giustizia divina, o anche detto il Direttore di Nuova Brianza. Prima la sua redazione e poi lui, mettono a tacere la situazione.


Questi commenti, no, che non verranno censurati.
Ma per tutti gli altri, se qualcuno vuole, ci sono tutti gli screenshot.


"Se questa è la Nuova Brianza, chissà com'era quella vecchia" [cit.].
Povera Brianza.


#iocimettolafaccia: CARLO GIUSEPPE GABARDINI

Ed eccoci alla partenza di un lungo viaggio, fatto di parole ma soprattutto di volti.

La prima vittima della curiosità di Meladailabrianza è stato Carlo Giuseppe Gabardini.
Lo storico Olmo di Camera Cafè, candidato agli Italian Gay Blog Awards 2014 come personaggio gay dell'anno,
 ci ha raccontato un po' di sè e un po' anche degli altri, perchè prima o poi questa storia dell'omofobia verrà fuori che è solo un colpo di follia collettiva.


Cominciamo con le presentazioni. 
Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Sono Carlo Giuseppe Gabardini. Faccio l’attore e l’autore, di cinema, teatro, televisione e radio. Non so quanti anni ho perché mia mamma non mi ha mai detto in che anno sono nato.

Ora, per conoscersi meglio. Dove sei nato e cresciuto? Com'è stata la tua adolescenza?
Sono nato e cresciuto a Milano e la mia adolescenza è stata… beh, ‘è stata’, in realtà non lo so, perché dura tuttora.

E ora che sei grande, com'è la tua vita? E come la riempi?
Non sono grande. Sono pure dimagrito, quindi peso 30 kg in meno di quando ero più piccolo. Sostanzialmente cerco di riempirla con ciò che mi rende felice.

Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante?
Sono indeciso fra la volta che ho detto a mio padre che non avrei fatto l’avvocato bensì l’attore, e quest’ultima, quando ho detto al mondo intero con una lettera su La Repubblica e un video su youtube e addirittura un’intervista a Le Invasioni Barbariche della mia omosessualità (o bisessualità che dir si voglia) e della bellezza di essere gay.

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
Metterci la faccia significa fare le cose in prima persona prendendosi le proprie responsabilità, qualunque cosa ciò comporti e senza paura. No, non è vero: la paura a volte rimane, ma bisogna lottarci contro.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Beh, direi il video "marmellata e nutella", in cui per 5 minuti filati c’è il mio faccione che parla di omosessualità, diritti, libertà, speranze per il futuro.

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge …
Speriamo che presto capiremo che tutta questa questione dell’omofobia è solo frutto di una follia collettiva. Voglio risvegliarmi in un mondo in cui si dirà “Ma lo sai che una volta due maschi o due femmine non potevano sposarsi fra di loro e avere dei figli?” come oggi a volte ricordiamo che “Una volta - e nemmeno tanto lontana - in questo Paese le donne non votavano”.